Cerca nel blog

venerdì 7 dicembre 2018

Origine delle Rune,l'ipotesi etrusca -parte seconda

Tornando ai santuari di Reitia: a questa dea venivano dedicate iscrizioni votive, sia su osso che su statuette, che rappresentano esercizi di scrittura e segni magici molto simili a quelli ritrovati in iscrizioni indubbiamente runiche i quali, soprattutto nei santuari situati intorno alle Alpi orientali, prendono forme contratte in cui gli elementi non formano frasi complete ma, piuttosto, quella delle iscrizioni runiche magiche a 5 elementi.




























Fig. 1 – Dettaglio di statuetta votiva dedicata a Reitia

L’iscrizione tipica infatti diventa la forma “nome del dedicante, offre, oggetto, esercizio grammaticale, Reitia, simboli sacri” esattamente come testimoniato per le rune da numerosissimi reperti. Le forme contratte non sono comunissime nella scrittura votiva in altri alfabeti, e ancora meno gli esercizi grammaticali (evidentemente dedicati a un dio eloquente a cui il dedicante desidera mostrare la sua abilità).

Colpisce particolarmente come il verbo votivo usato nella maggior parte di queste iscrizioni sia alu, esattamente come per le iscrizioni runiche che sembrano averlo mutuato intatto, insieme ad alcune sequenze di lettere utilizzate come esercizio grammaticale, che si ritrovano immutate nei reperti di amuleti runici più antichi, probabilmente incisi da germani che avevano visitato questi templi e avevano riportato con sé la sintassi votiva tipica dei santuari di Reitia.





















Fig 2 – Iscrizione runica “Alu” su un bratteato

La mappa dei ritrovamenti Etruschi nell’Europa centrale dimostra come, dal nord Italia, questo culto e questo alfabeto si siano diramati oltre le Alpi verso l’attuale Francia, Austria, Slovenia – sono state rinvenute iscrizioni di questo tipoanche in scavi di accertata origine Celtica come quelli di Magdalensberg.



Fig 3 – Mappa dei ritrovamenti etruschi in Europa

Altra testimonianza a favore di questa tesi sono due reperti presenti al Kunsthistoriches Museum di Vienna, e che apparentemente hanno ispirato l’idea dell’origine Etrusca delle rune: in questo museo sono conservati gli Elmi di Negau, di origine etrusca e datati al 400 AC. Sono stati rinvenuti in quella che ora è la Slovenia e presentano due incisioni del tutto differenti: Negau A riporta un’iscrizione Celtica, mentre Negau B riporta un’iscrizione nell’alfabeto etrusco traducibile come “Harigast il sacerdote”, dove Harigast è un nome tipicamente germanico e testimonia che, fra le tribù germaniche, qualcuno doveva essere pratico dell’alfabeto etrusco.
Personalmente, ritengo questi elmi rappresentino benissimo la commistione culturale che ha portato all'origine delle rune.
Fig. 4 – Iscrizione su Negau B
L’alfabeto Nord-Etrusco non è un’unica entità, ma è rappresentato con caratteri differenti a seconda della zona del nord Italia in cui sono state rinvenute le iscrizioni (e quindi della tribù che vi era stanziata), con l’aggiunta di differenti influenze (ad esempio, quelle Celtiche nella zona di Lugano). I parallelismi fra queste forme e l’alfabeto runico sono numerosi, come riportato nella tabella comparativa.













































Tab. 2 – Tabella comparativa fra le varianti Nord-Etrusche e il Futhark

In particolare, è evidente come l’orientamento verticale delle lettere L ed U sia mantenuto fra le forme più comuni dell’alfabeto Nord-Etrusco e di quello Runico.
A livello vocale, i linguisti concordano sul fatto che le lettere b, t e k presentino un evidente parallelismo tra il Futhark, l’alfabeto greco e quello latino; mentre la pronuncia di p, d e g si discosta molto dalle forme mediterranee, laddove l’alfabeto Nord-Etrusco aveva adottato dei grafemi che permettessero di distinguere fra questi due tipi di pronunce.

Sia a livello fonetico che grafico la c Nord-Etrusca si ritrova nella k del Futhark, ed è interessante notare come nell’alfabeto Sud-Etrusco infine si affermi la pronuncia come C e in quello Nord-Etrusco come K, esattamente come Kenaz.
La X nord-Etrusca traslittera con ogni probabilità come g, mantenendo la grafia in Gebo.
Allo stesso modo, la j è rappresentata nel Nord-Etrusco da due linee parallele, successivamente piegate in una forma simile a Jera.










Fig. 5 – L’evoluzione di Jera

La V dell’alfabeto Nord-Etrusco deriva dalla Vau greca, già caduta in disuso al momento della diffusione transalpina, e veniva utilizzata nella forma VH per indicare la f e distinguerla dalla w (indicata semplicemente con V), ma nel tempo V passò ad essere utilizzata per indicare sia w che f. La somiglianza con Fehu è lampante.








Fig. 6 – L’evoluzione di Vau/Fehu

La e Nord-Etrusca appare ruotata in vari reperti, fra cui l’elmo di Negau, nella stessa rotazione di Ehwaz.
La a Nord-Etrusca, che presenta marcate somiglianze con Ansuz, deriva da una forma arcaica che si ritrova anche nel latino ma già caduta in disuso ai tempi dei primi reperti runici.
La h Nord-Etrusca presenta, nel tempo, una semplificazione da 3 a 2 bracci, come mantenuto in Hagalaz.











Figg. 7 e 8 – L’evoluzione di Ansuz e Hagalaz

Anche la disposizione delle lettere e delle parole nelle iscrizioni e la presenza di alcuni “caratteri speciali” presenta evidenti parallelismi.
In entrambe le culture sono presenti lettere o intere frasi invertite, specchiate o capovolte, scritte da destra a sinistra come da sinistra a destra, in scrittura bustrofedica (ovvero continuando fino al margine del supporto e scendendo al rigo successivo a nastro, invertendo l’ordine di scrittura).




Fig. 9 – Pietra runica di Rök con vari esempi di inversioni, scrittura bustrofedica, un motivo fishbone, rune specchiate e bindrune

In entrambi gli alfabeti manca la differenziazione ortografica (le “maiuscole” runiche non sono utilizzate come le maiuscole greche o latine, piuttosto come marker di una parola più significativa, per questo è tra virgolette) anche nella spaziatura, che si presenta talvolta in forma interpuntata nelle stesse modalità nelle due culture.
Allo stesso modo, parallelamente nel tempo i due alfabeti preferirono la scrittura destroversa a quella sinistroversa.
I simboli alberiformi (o fishbone) tipici di alcune iscrizioni votive runiche, si ritrovano nelle iscrizioni votive del Nord-est Italia.



Fig. 10 – Trascrizione dell’incisione runica sulla pietra di Kylver, tra cui una bindrune fishbone

So che sono stato appeso ad un’albero
in balia del vento
Per nove lunghe notti,
Ferito da una lancia, votato ad Odino
Io a me stesso,
Su quell’albero le cui radici
nessun uomo conosce.


Bibliografia e approfondimenti:
. Bernard Mees - The North Etruscan Thesis of the Origin of the Runes (da cui è tratta la tabella comparativa, la mappa dei reperti etruschi e le derivazioni linguistiche contenute nell’articolo)
. Mindy MacLeod - Runic amulets and magic objects

Nessun commento:

Posta un commento