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domenica 15 luglio 2018

Alarico dei Balti, parte II

Quando Alarico si vide negati riscatti e ricompense dalla città, ottenuti i quali avrebbe tolto l’assedio, decise di entrare nella città per la Porta Salaria nella notte del 14 Agosto 410 e la saccheggiò per tre giorni.

In molti raccontano di come Alarico non saccheggiò l’intera città ma si concentrò nelle zone dove stavano le ville dei senatori e di come il suo agire fosse un agire simbolico e non pratico; visione del sacco quest’ultima alquanto idilliaca.

Giorgio Ravegnani nella biografia su Galla Placidia afferma invece che il sacco fu molto più tremendo di quanto è stato tramandato sino a noi.
Il sacco di Roma fece enorme scalpore; pur non essendo Roma la capitale dell’Impero essa era il simbolo di quest’ultimo ed era rimasta inviolata sin dai tempi di Brenno. Ne nacque una forte polemica fra membri dell’intellighenzia cristiana fra i quali si distinsero Agostino ed Orosio ed autori politeisti come Claudio Rutilio Namaziano.
I primi accusarono i politeisti di essere responsabili del sacco di Roma inteso come diretta manifestazione dell’ira divina, i secondi invece accusarono i cristiani di aver indebolito l’esercito ricordando di come il sacro fuoco di Vesta, fatto spegnere da Flavio Teodosio nel 391 con l’abolizione dei culti politeisti, avesse protetto per secoli la città dalle aggressioni esterne.
Ravegnani ricorda al lettore che la maggior parte degli scritti prodotti in questo frangente furono scritti cristiani e che in queste opere gli autori sminuissero gli effetti del sacco di Roma ché i Visigoti non potevano certo saccheggiare in maniera drastica la città di Pietro; Orosio arrivò a sostenere che i cittadini romani dovevano ritenersi fortunati del fatto che Cristo avesse inviato l’accondiscendente Alarico per punirli e non l’ostrogoto Radagasio noto per la sua brutalità.
Ravegnani ci ricorda di come i saccheggi dei barbari non fossero affatto lievi ed indolori e di come gli autori politeisti scrissero di tremende devastazioni a cui furono soggette Roma e le campagne limitrofe, citando per avvalorare la sua tesi degli estratti dal poema in distici elegiaci ‘De reditu suo’ che Claudio Rutilio Namaziano scrisse come per piangere la decadenza della Pars Occidentis.

Il sacco dell’Agosto 410 fu quindi grave ma non si protrasse a lungo. Portando seco col bottino la bellissima Galla Placidia sorella di Onorio, Alarico si diresse verso il Sud, forse con l'intenzione di passare in Africa. Ammalatosi per via del clima del Meridione lo colse morte improvvisa nei pressi di Cosenza.
Stando a quanto racconta lo storico goto Iordanes nei ‘Getica’, Alarico I re dei Visigoti fu sepolto nell'alveo del fiume Busento assieme con l’ingente bottino ricavato dal sacco della città di Roma.

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