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sabato 7 luglio 2018

Sul valore, o dei capi

“Scelgono i re per nobiltà di sangue, i comandanti in base al valore. I
 re non hanno potere illimitato o arbitrario e i comandanti contano per
 l'esempio che danno, non perché comandano, facendosi ammirare, se sono
 coraggiosi, se si fanno vedere innanzi a tutti, se si battono in prima
 fila.”

(Tacito, Germania)

Il valore personale, il coraggio, la capacità di controllare la paura e di ergersi al di sopra dei propri pari, tutto questo è ciò che, in una società naturale, definisce un capo, insieme con il carisma, la prestanza fisica e, perché no, un minimo di avvenenza queste caratteristiche vanno a formare il perfetto ritratto di ogni condottiero tribale.

Questo è il grande discrimine fra società naturale ed a-naturale, il riconoscimento della superiorità e dell’inferiorità come tali, non come il riflesso di una situazione “ingiusta” o imposta ma come la semplice rappresentazione di una realtà inequivocabile, eterna ed immutabile.

Esistono i forti ed i esistono i deboli, ed è giusto così, così come è giusto che i secondi obbediscano ai primi, prendendo coscienza di sé, della propria natura e del proprio ruolo in questa terra di mezzo. 
Anche se questi pochi millenni di sovrastrutture hanno tentato di eliminare o, per lo meno, di temperare questa verità essa, come tutto ciò che è davvero inevitabile, tende sempre ad affiorare, a ricordare, anche solo nelle piccole cose, che esistono persone fatte per comandare e persone fatte per obbedire.

Piaccia, non piaccia, poco importa, così va il mondo e questa è la volontà degli Dèi.

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