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domenica 22 luglio 2018

Il sangue nelle varie culture, epoche e riti

Nelle religioni del mondo il rapportarsi nei confronti del sangue è spesso ambivalente e contraddittorio; a volte ciò rientra nella sfera del Sacro altre in quella di ciò che è Profano. Il sangue può essere portatore di vita come anche di morte; esso può essere emblema di purità od impurità. Il maneggiare il sangue può essere proibito od invece obbligatorio; resta il fatto che la valenza del suddetto gesto è molto forte e colma di significato, ragion per cui questo maneggiare è appannaggio di individui particolari quali guerrieri, sacrificanti, macellai e boia.
In molte società primitive il sangue veniva considerato come elemento costitutivo dell’anima umana, animale e perfino vegetale. Per i Romani esso era sedes animæ (i.e. "sede dell'anima"). Per gli Arabi dell'epoca preislamica era assimilabile a quell'anima in forma liquida che permane nel corpo dopo la morte nutrendosi di libazioni. Per gli Ebrei la vita della carne è nel sangue tanto che nella Genesi vi è il divieto di consumare carne cruda "soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue". Gli Irochesi, gli Sciti, gli antichi turco-mongoli ed i governanti dell’impero ottomano imposero alle loro genti il divieto di versare sangue di stirpe regale.
Tra i turchi e gli islamici del XVI secolo non si diveniva adulti, ossia non si acquistava nome ed anima, fin quando non si fosse commesso il primo delitto. Per variegate popolazioni, quali ad esempio gli indiani Dakota ed i Samurai giapponesi, una morte cruenta era preferibile se non migliore di una morte per cause naturali.
In passato la credenza che il sangue contenesse la vita diede vita a diverse usanze; ad esempio Erodoto narra che i guerrieri Sciti bevevano il sangue dei primi nemici da loro uccisi ed a volte svolgevano delle abluzioni rituali con esso al fine di assorbirne le qualità.

La vastità dei tipi di atteggiamenti differenti riguardanti il sangue sono divisibili in due macro-categorie sulla base della provenienza del suddetto:

- Il sangue degli stranieri, degli estranei o dei nemici della comunità non è soggetto ad alcun divieto rituale in quanto di rado è considerato pregno di significato. Una possibile giustificazione nello scendere in guerra è nella necessità di versare sangue al fine di irrigare la terra.
- Il sangue dei membri della propria comunità è invece trattato in maniera differente. L’atteggiamento nei confronti del sangue e dell’omicidio è totalmente diverso in quanto i membri sono legati da consanguineità ed il sangue di uno è in senso letterale il sangue della comunità tutta; l’omicidio all’interno della comunità era proibito in quanto il versare il sangue della comunità tutta equivaleva ad una maledizione che graverà su molte delle generazioni successive come avvenne per l'uccisione di Abele commessa da Caino o per l'uccisione del padre commessa da Edipo. 

L’omicidio tra famiglie e clan differenti è un reato gravissimo a cui si risponde solitamente con vendette che innescano "faide di sangue" o "vendette di sangue"; queste vengono interrotte solo quando il sangue versato ripaga del reato commesso. Nell'odierna Corsica come pure fra la confederazione tribale dei Nuer del Sudan ancora vale questa pratica ancestrale simile alla legge mosaica "occhio per occhio, dente per dente".
L’entrata di uno straniero in una comunità a lui estranea è regolata da ritualità ben determinate. Il matrimonio è una di essa; è usanza dei Fon dell’Africa occidentale e delle popolazioni centroasiatiche che il contrarre un matrimonio dia diritto a fregiarsi del titolo di "fratello di sangue". La giustapposizione di tagli praticati sui polsi è un altro rituale dei suddetti così come bere da una coppa - turchi, sciti e tibetani impiegavano calotte craniche come coppe per libagioni - gocce di sangue mescolate con del vino (i.e. sangue della vite).

Il “patto di sangue” - patto fra uomini e fra uomini e Dèi - è caratteristica comune di variegate e numerose culture. Le popolazioni centroasiatiche e siberiane usano tagliare in due un cane per sigillare un trattato o un giuramento, garantendo così la propria fedeltà. Il patto tra Dio e le genti d'Israele narrato nella sezione biblica dell'Esodo è esemplificativo della forza protettrice del sangue in quanto gli Ebrei usarono il sangue per marchiare le porte delle loro case per segnalarne l'appartenenza alla comunità d'Israele ed allontanare da esse la punizione divina; l’usanza di usare il sangue per imbrattare stipiti e porte la si ritrova in Indonesia.

Il versare sangue può eliminare imperfezioni e debolezze; esempi principi di ciò sono il martirio e la circoncisione. Anche la clirotidectomia australiana - un giovane cosparge un vecchio con il proprio sangue per ringiovanirlo - ne è esempio pregnante.

Il sangue mestruale - essendo il suo flusso involontario ed incontrollabile - è considerato come sommo portatore d'impurità tanto che presso alcune popolazioni le donne mestruanti vengono identificate come portatrici di gravi pericoli ai quali gli uomini sono soggetti. Alcuni ritengono che l'interruzione del flusso mestruale durante la gravidanza tutta sia dovuta alla necessità di non contaminare il feto con sangue impuro. L’impurità si presenta indirettamente come funzione dell’atto sessuale o del versamento di sangue vaginale durante il parto.

Tratto dall’enciclopedia delle religioni diretto da Mircea Eliade, volume 4 – Jean Paul Rox. Per la bibliografia dettagliata vedere il volume 4, nel paragrafo dedicato al sangue.

Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz

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