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venerdì 27 luglio 2018

Il cacciatore felice

Cammino lentamente, i miei passi risuonano sordi nella neve candida, Ullr, alto Dio, guidami.

Ti affido il mio arco, rendilo rapido nelle mie mani, e preciso nel portare a termine il suo crudele compito.

Prendere la vita per preservare la vita, questa è la sua missione.


Un fruscio, seguito da un sordo zampettare.

Gli Dèi mi benedicono, Ullr ha ascoltato la mia preghiera e mi dona un capriolo.


Incocco

Tendo

Miro


Il mio fiato caldo si gela intorno alla freccia, la temperatura sta scendendo nuovamente, non avrò di nuovo occasione di cacciare per settimane.


Rilascio la corda, la freccia sibila nella fioca luce dell’imbrunire.

Trattengo il fiato, è mio dovere di cacciatore contribuire alle scorte della tribù, la carne è alimento prezioso.


Uno schizzo purpureo, l’animale è stato ferito e subito fugge, ignaro della sua sorte, ormai segnata.


Corro veloce fra gli alberi, seguo le tracce, il sangue fresco ancora caldo e vischioso è per me guida sicura. La fortuna continua ad arridermi, inconsapevolmente il capriolo è fuggito in direzione del villaggio, questo mi permetterà di guadagnare la soglia prima che faccia buio.


In una piccola radura, in una pozza rossa sulla neve bianca, trovo la mia preda, ormai morente. Osservo un istante, ne ammiro la bellezza mentre ringrazio ancora gli Dèi, per la mia buona sorte, per la meraviglia di questa nostra terra di mezzo che ci è stata donata. 

Compare allora un lupo, solo come me, nella neve bianca.

È vecchio, ma ancora affamato, ha fiutato il sangue e si appresta a soddisfare il proprio appetito, cosa che, a giudicare dal suo aspetto, non fa da tempo.


Incocco 

Tendo

Miro

Rilascio


La freccia di nocciolo dal candido impennaggio penetra nel costato del predatore.


Non un guaito, non un ringhio, in un istante la belva mi carica.


Faccio per incoccare ma l’istinto mi suggerisce che non c’è tempo, impugno con entrambe le mani il mio nobile strumento decaduto a bastone nel terribile momento della lotto. 

Avanzo di un passo, scarto a sinistra e colpisco con tutte le mie forze.

Legno scheggiato, un tonfo. Estraggo il seax, mettendo fine allo scontro.


Il destino è ineluttabile, lo stomaco di mio figlio sarà pieno nelle lunghe notti d’inverno mentre mia figlia potrà finalmente ricavare le rune che desidera dalle costole dei due animali.

Dal destino non si può sfuggire, dal freddo si, e una pelliccia di lupo, anche se vecchio, farà il suo dovere nel scaldarmi le spalle.


Mani, alta nel cielo, mi illumina la via del ritorno, canzoni e birra aspettano e la carne di lupo, dicono gli anziani, si può intenerire bollendola.


Questa è la storia di Sigifrit, cacciatore felice, timorato degli Dèi, raccontata perché possa essere appresa e raccontata di nuovo innanzi a fuochi, corni e boccali.

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