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sabato 29 settembre 2018

Di tribalismo, stato, burocrazia e libertà

Cos’è lo stato?


Più ci rifletto e più mi convinco che lo stato (pre e post) nazionale, e la burocrazia da lui imposta, siano quanto di più strano è stato prodotto, a livello di organizzazione sociale, negli ultimi millenni (da Roma, per lo meno, in poi). 


Si tratta fondamentalmente di una entità astratta, slegata da qualunque ottica tribale e reale, un mostro multicefalo che dirige, come fa un carceriere con un detenuto, la vita di tutti coloro che capitano sotto le sue grinfie.


Decide la nostra istruzione, fin dalla più tenera infanzia le nostre giornate sono infatti scandite da quanto questa entità ha deciso per noi, decide quante ore dobbiamo dedicare ad ogni materia, quando (e spesso cosa) possiamo mangiare e quando possiamo riposare. Questo fino alla maggiore età, almeno, per taluni molto più a lungo.


Al contempo ci insegna cosa dobbiamo pensare, quali valori “civici” dobbiamo fare nostri, a chi dobbiamo obbedienza assoluta e ovina (maestri, professori, pubblici ufficiali in genere) pena la perdita di quel poco di libertà che ci rimane.

Ci dice inoltre come ci dobbiamo sentire (italiani, francesi, spagnoli ecc) schiacciando qualunque moto d’indipendenza o di presa di coscienza di identità locale, che è sempre stata, e sempre sarà, l’unica identità reale e tangibile, in quanto legata a quanto vi è di più vero nella vita di un uomo o di una donna: la propria terra, la propria famiglia e la propria tribù d’appartenenza.


Perché, sia ben chiaro, allo stato non importa nulla di nulla di dove tu sia a livello geografico e di quale sia la tua cultura, esso impone le sue leggi ovunque, decide quali complicanze burocratiche devono rendere difficile la vita ad un contadino di Castelponzone così come ad un pescatore di Morciano di Leuca, e lo fa da lontano, senza nulla conoscere di come siano le cose a livello pratico, con la ferocia belluina tipica di ogni entità burocratica e astratta. 


Lo stato ci vuole quindi appiattiti, più che eguali, piccoli ingranaggi di questa macchina chiamata società che ingrassa a spese di chi viene schiacciato. 

E cosa ci dona, in cambio? La possibilità, di tanto in tanto, di decidere (fra una lista decisa a priori) da quale bovaro preferiamo essere presi a frustate sul culo per i prossimi cinque anni, qualche traballante cura medica, strade e protezione (relativa) dai pericoli esterni.


In definitiva lo statalismo, che altro non è che centralismo spinto alle sue estreme conseguenze, si dimostra come un movimento spiritualmente arido, incapace di comprendere e quindi limitato ad una mera funzione di cieco burocrate, è pertanto da condannare in ogni sua forma e derivazione, sia essa nazionale (o nazionalista) o internazionale.


Tribalismo e burocrazia non possono, e non devono, coesistere. 

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