Le informazioni che possediamo sulla necromanzia, come pratica divinatoria, portano a supporre che ad essa sia legata una forma di credenza di vita oltre la morte ed il continuato interessamento dei morti al mondo dei vivi, per questo motivo può essere associata con la venerazione degli antenati (enciclopedia delle religioni - volume 12).
La maggior parte delle informazioni dei popoli nordici e germanici deriva dalle saghe, con riferimenti nell’Edda. Odino tra le altre cose è il dio dei morti ed in un racconto risveglia una profetessa morta per consultarla (nei miti il risveglio di profetesse per la consultazione assicurava una “forma di magia divinatoria” più potente del “normale”). La necromanzia è solo una tra le tecniche di divinazione, considerata anche particolarmente pericolosa quando i defunti non erano membri della famiglia.
Che odino praticasse necromanzia/negromanzia in quest’ottica non è di certo fonte di stupore, poiché la cultura indoeuropea è palesemente dedita al culto degli antenati e della stirpe (*). Odino è il dio dalle innumerevoli “funzioni”, il più antico ed esponente massimo del pantheon: signore delle battaglie, dio dei guerrieri morti, patrono dei poeti, grande mago, padrone delle rune (anche se non ha il monopolio assoluto, poiché egli divide la conoscenza con altri “esseri”, è sicuramente il detentore della più estesa conoscenza sulle rune. Egli non è l’inventore delle rune poiché a differenza dell’havamal (stanza 138-139) e del sigrdrifumal (stanza 3) le iscrizioni runiche dicono che provengono dagli dei e non da un “singolo”. Vedi stanza 143 havamal), veggente da un solo occhio, nume tutelare dei guerrieri vivi e divinità imprevedibile.
Nell’ Ynglingasaga a lui è attribuito un esercito spettrale e viene chiamato draugadróttinn (signore degli spettri) allineato con la tradizione meridionale di Wotan (da tener sempre presente, che ad odino vanno la metà dei morti caduti in battaglia e che quindi non è divinità esclusiva di tutti i morti).
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