L'Ase Loki è una figura centrale nella mitologia scandinava eppure se lo si guarda con occhio attento non è del tutto integrato in essa.
Padre di alcune "bestie" - generò il lupo Fenrir in 'Járnviðr' (i.e. "foresta di ferro") che nel Ragnarǫk divorerà Odino come pure 'Sleipnir' il cavallo ad otto zampe di quest'ultimo - è solito aiutare gli Æsir nel recuperare i loro preziosi oggetti quali ad esempio il martello di Thor 'Mjöllnir' (i.e. "Frantumatore") e la lancia di Odino 'Gungnir' (i.e. "Implacabile").
A lui è da imputare la morte del figlio di Odino, Baldr, ed è per questo che fu catturato ed imprigionato una grotta del 'Niflheimr' (i.e. "terra delle nebbie") dagli Æsir. Egli si libererà solamente nel Ragnarǫk durante il quale duellerà fino alla morte con Heimdallr.
Il fatto che non esistano tracce di culti a lui dedicati né luogo o persona che attestino una qualsiasi devozione nei suoi confronti ha fatto sorgere l'ipotesi che egli fosse assurto a ruolo di divinità solo a posteriori grazie agli scritti di Snorri Sturluson.
È una figura cosi ambivalente che lascia spazio a varie interpretazioni.
Per Jan de Vries egli è un 'trickster' (i.e. "ingannatore").
Per Georges Dumézil egli è un'intelligenza impulsiva e per questa ragione lo contrappone all'Ase Hœnir, accorto e ponderante. Sulla base del ruolo che Snorri Sturluson gli attribuisce nell’uccisione di Baldr, Dumézil paragona Loki a Syrdon, responsabile dell’uccisione dell’eroe Soslan nelle leggende ossete [1].
Per Folke Ström Loki risulta essere un'ipostasi di Odino dacché presenta tratti in comune con quest'ultimo seppur il carattere di Loki, malefico ed ingannatore, non corrisponda in toto alla personalità dell'Alfǫþr (i.e. "Padre degli uomini", epiteto di Odino).
Anna Birgitta Rooth ipotizza un'origine aracnoide del teonimo Loki essendo questi l'inventore della rete da pesca che è simile alla tela di un ragno; il termine 'lokke' significa infatti 'ragno' in medio svedese e in alcuni dialetti scandinavi ma il sostegno a favore di questa teoria è scarso.
Tutte queste interpretazioni sono solite concentrarsi su un solo aspetto della natura dell'Ase Loki ed è per questa ragione che Edward Oswald Gabriel Turville-Petre le definì deboli in un suo scritto del 1964.
Il ruolo dell'Ase Loki nell’Edda Poetica, se si esclude la 'Lokasenna' (i.e. "disputa di Loki"), è molto minore rispetto alle restanti narrazioni mitiche; le informazioni su di lui sono limitate.
Sappiamo che egli è figlio della gigantessa Laufrey e - come già ricordato in precedenza - sappiamo che egli è padre di Fenrir, di Sleipnir, del serpe Jǫrmungandr (i.e. "essere infinitamente potente") e di Svaðilfœr. A lui viene attribuita la paternità di una stirpe di troll partorita dopo aver mangiato il cuore di una strega bruciato a metà.
Dall’Edda Poetica veniamo a sapere dell'esistenza di un suo fratello, Býleistr, il cui teonimo è legato a temporali e tempeste, alla stregua di Loki; questi infatti è noto con i nomi di 'Loptr' e 'Hveðrungr' (i.e. "aria, folata di vento").
Sua moglie Sigyn viene presentata come modello di amorevole devozione. Quando Loki fu incatenato nel 'Niflheimr' la gigantessa Skaði pose sul suo viso un serpente grondante stille velenose, la moglie Sigyn rimase accanto a lui raccogliendo le stille velenose in una ciotola al fine di non far soffrire il marito.
Note.
- [1] Saghe dei Narti
Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz
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