Appena arrivati in zona la sensazione é quella di un luogo magico in cui la natura conserva tutti i suoi poteri e dove il tempo si é ritagliato uno spazio di fissitá cessando il suo ritmo infinito, un luogo insomma che dal punto di vista della ricerca etnologica sulla Janara e di quella che piú sopra abbiamo chiamato “Geografia della janara”, si pone come un vero e proprio tesoro. Facciamo base sul lago di San Vincenzo, bacino artificiale costruito a metá del secolo scorso per alimentare una centrale idroelettrica ma che si é inserito perfettamente nel territorio, per restare un paio di giorni per avere un primo approccio con il mondo del Cervo e delle Janare di Castelnuovo. Prima peró facciamo (con nostra infinita gioia) un salto all’area archeologica dell’Abbazia di San Vincenzo a Volturno che é definita da tanti la Pompei altomedievale, e a Scapoli, patria dei costruttori di zampogne, altro elemento, quello della zampogna e degli zampognari, che ci mostra una resistenza culturale forte in queste terre. Il primo incontro con le Janare ( e con il Cervo) lo facciamo proprio a Scapoli, dove, nella bottega del maestro Izzi, situata all’interno del camminamento di ronda della cittadella medievale, tra tornii, zampogne e ciaramelle, alcune finite altre ancora abbozzate, ne’ approfittiamo per fare alcune domande anche sul motivo della nostra visita. Scopriamo, che una delle ipotesi che ci ha portati fin qui va riformulata: le Janare all’interno della pantomima del Cervo sono state immesse successivamente e in epoca recente, certo la janara é una figura centrale anche nelle credenze di queste terre, ma quello che avevamo ipotizzato come possibile mezzo magico per evocare il Cervo diventava una ipotesi che andava riformulata. Scopriamo peró anche un dato interessante: in tempi remoti la festa del Cervo era praticata in tutta la zona e non era solo una prerogativa di Castelnuovo, proprio a sottolineare il comune sostrato culturale arcaico degli abitanti di queste zone. Lasciando Scapoli e scendendo a piedi tra le viuzze del centro storico, notiamo in ben due giardini di case private, due rigogliose piante di noce metella (datura metel), appartenente alla famiglia delle solanacee e stretta parente dello stramonio (datura stramonium), la noce metella é una delle piante magiche utilizzate da quella che per facilitá definiamo la stregoneria europea. Certo due piante non possono indicare in alcun modo un dato etnologico o etnobotanico, non abbiamo avuto modo di intervistare i proprietari dei giardini, ma ci é piaciuto lasciarci suggestionare dalla loro presenza subito dopo aver parlato di janare e di uomini che si trasformano in cervi e ne raccogliamo la caratteristica sfera pungolata per conservarla e catalogarla nella nostra sezione “Herbaria”.
Nel pomeriggio del primo giorno arriviamo finalmente a Castelnuovo e con il pretesto di chiedere informazioni ci fermiamo al bar della piazza dove avviene la pantomima del Cervo, in macchina abbiamo anche alcuni volumi sul cui contenuto vogliamo discutere con qualcuno del luogo non appena se ne presenti l’occasione. Fuori al bar ci sono due anziani sorridenti, ci fermiamo a chiedere loro un posto dove possiamo comprare una bottiglia di buon vino. Tra qualche diffidenza iniziale, cerchiamo di rompere il ghiaccio utilizzando il dialetto: ma non utilizziamo il dialetto campano piú vicino al napoletano, utilizziamo una forma dialettale ibrida tra campano settentrionale e dialetti appenninici con desinenza in “u”, antica eco delle lingue osco-sannite e l’espediente ci aiuta non poco. Scopriamo che entrambe sono zampognari da sempre e hanno “girato il mondo con zampogna e ciaramella” e subito entriamo in empatia con uno di loro, Giuseppe, che dopo pochi minuti di silenzio ci invita a seguirlo a casa: il vino ce lo dará lui.
Pubblicato su gentile concessione dell'autore Massimiliano Palmesano, amministratore della pagina FB Janara
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