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giovedì 16 agosto 2018

La magia delle Mainarde, parte V

Ossa e pelli di Cervo

E mentre tutte queste connessioni si accalcavano nella testa e i fili si riannodavano mentre parlavamo nella piazza di Castelnuovo, ecco che arriva un uomo magro e slanciato che subito si presenta: è Ernest e scopriamo che è il presidente dell’associazione che organizza la pantomima del Cervo. Gli facciamo subito leggere delle pagine dai libri che portiamo con noi che parlano di uomini che diventano cervo, di ossa e di pelli, scatta delle foto, cominciamo a discutere e gli spieghiamo cosa ne pensiamo della festa dell’Uomo Cervo. Ernest subito si rende disponibile per una visita alla sede dell’associazione dove sono conservati i costumi e alcune importanti memorie in merito al rito dell’Uomo Cervo. Pochi minuti dopo siamo nella sede dell’associazione, visitiamo il primo piano che ospita una mostra con tutti i costumi della pantomima: Cervo, Cerva, Martino, Cacciatore e le nostre Janare dalle maschere terrificanti, Ernest ci mostra orgoglioso una serie di maschere appese al muro frutto dello scambio e della contaminazione dell’Uomo Cervo di Castelnuovo con tanti rituali simili diffusi in tutta Europa dalla Sardegna all’Inghilterra. Scendiamo quindi nel piano interrato che è il laboratorio dove vengono custoditi e assemblati i costumi del rito dell’Uomo Cervo e mentre vediamo come sono fatti e ne proviamo alcuni, Ernest mentre parla come un fiume in piena, ci regala una di quelle "anomalie" all’interno della narrazione che tanto ricercavamo per una decifrazione del rito del Cervo. Ci dice infatti che ora l’Uomo Cervo indossa un costume già pronto, un vero e proprio vestito con casco cornuto, casacca e coprigambe di pelle, ma un tempo, e fino a pochi decenni fa, la pelle veniva cucita a mo' di costume poco prima del rito intorno al corpo di chi impersonava l’Uomo Cervo. Questo particolare tipo di pratica magico-rituale ci riporta immediatamente ai racconti sullo sciamanesimo caucasico ed europeo: la cucitura delle pelli addosso all’uomo ricalca uno schema magico di trasmutazione dell’uomo in animale, un ritorno alla ferinità, alle sensazioni e ai bisogni primordiali, una pratica in definitiva estatico-sciamanica. È necessaria un’estasi, che possiamo definire "mistica", per fare in modo che lo spirito del cervo (e della natura selvaggia che incarna) entri in contatto con quello dell’uomo, che, in perfetta linea con gli attributi sciamanici tradizionali, non si lascia dominare dagli spiriti, ma li conduce, li guida, fa si che essi diventino suoi ausiliari: nel caso dell’Uomo Cervo di Castelnuovo, affinché lo spirito dell’animale aiuti la comunità ad uscire dal rigore dell’inverno e la conduca a una primavera ed una estate ricche di messi e frutti. Era proprio questo l’anello che ha unito gli altri anelli della catena e ha, possiamo dire, chiuso il cerchio nel "gioco" di isomorfismi e serie di similitudini. Il rito dell’Uomo Cervo di Castelnuovo è quindi quasi certamente un mito ancestrale che affonda le radici almeno al neolitico, estatico, sciamanico, legato al ciclo infinito di morte e resurrezione, all’Eterno Ritorno, alla trasmutazione dell’uomo in animale (ma anche dell’animale in uomo), al ciclo delle stagioni e quindi, solare e beneagurale per il mondo contadino e pastorale. 

Prima di lasciare l’associazione visitiamo una stanza a pian terreno dedicata al pittore Moulin, di cui gia abbiamo parlato, ma qui tra le foto dei suoi lavori, troviamo alcune "ricette" di preparati a base di erbe selvatiche, scopriamo che Moulin oltre ad essere pittore, nella sua casa-grotta, aveva messo su un eccellente laboratorio erboristico e conosceva le virtù e le proprietà di tutte le piante autoctone, in tanti in paese hanno usato i suoi rimedi medici e hanno imparato da lui l’utilizzo delle erbe. Tanto sapere erboristico ci ha subito riportato alle piante di noce metella viste poche ore prima a Scapoli: in questo posto magico dove sopravvivono rituali e miti antichissimi e musiche arcaiche legate al mondo agricolo e pastorale, c'è anche una forte tradizione di conoscenza del mondo delle piante e dei suoi poteri, non ultimo grazie alla figura di Moulin che, magico e inafferrabile quasi come un folletto, ha popolato queste montagne solo pochi decenni fa.

Ritorniamo in piazza per salutare tutta la compagnia che ci ha accolti come stessimo a casa e ci ripromettiamo di ritornare presto con un po' di materiale in più per decifrare non solo la figura della Janara ma anche quella altrettanto intrigante e magica dell’Uomo Cervo e queste righe sono il risultato delle prime ricerche. Torneremo presto a Castelnuovo per continuare il lavoro di ricerca sul campo. Ritorniamo giusto in tempo al lago per il tramonto e lo spettacolo è eccezionale: le guglie irte e rocciose sovrastano i boschi e tra questi ci sembra di scorgere l’Uomo Cervo, o Cernunno, o il Rex Nemorensis che tira i fili che fanno muovere la ruota delle stagioni e quelli del ciclo del Sole e della Luna, mentre intorno danzano eteree janare, quasi ninfe del lago e dei boschi, illuminate dalla Luna piena delle magiche Mainarde.

NOTE:

1) Storia Politica della Longobardia Minor - I principati longobardi di Benevento, Salerno e Capua, T. Indelli, Editrice Gaia

2) Sciamanismo e tecniche dell’estasi, M. Eliade, Edizioni Mediterranee

3) Storia Notturna - Una decifrazione del Sabba, C. Ginzburg, Adelphi / Capitolo “Ossa e pelli”

4) Le Dee e gli Dei dell’Antica Europa, M. Gimbutas, p. 178

5) Capua Epigrafica ed altro, G. Centore, Capua Speciosa, p 70

6) I calderoni unni: un’ipotesi micologica, G Spertino, Eleusis N* 3 dicembre 1995, pp. 20/24

7) I miti Nordici, G. Chiesa Isnardi, pp 557,558,559

Pubblicato su gentile concessione dell'autore Massimiliano Palmesano, amministratore della pagina FB Janara

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