Cerca nel blog

giovedì 30 agosto 2018

Þūnraz

Teonimo derivante dal sostantivo maschile protogermanico *þūnraz il cui significato è “tuono” (i.e. in antico alto tedesco è donar > in tedesco è Donner, in antico frisone è þuner; in medio olandese donre > in olandese è donder, in antico inglese è þunor > in inglese è thunder ed infine in danese è torden), identifica quella divinità del pantheon germanico che, stando agli scritti riguardanti la mitologia scandinava quali l’Edda Poetica di Snorri Surluson, nacque dall’unione di Óðinn (i.e. Wōđanaz) e Jörð; divenne poi uno dei governatori di Ásgarðr dacché primeggiava per forza e possanza fra gli Æsir tutti.
Il martello Mjöllnir (i.e. “Frantumatore”) è la sua arma e dall’utilizzo di questa sono soliti sprigionarsi tuoni e lampi. Snorri Sturluson nel Skáldskaparmál racconta di come Mjöllnir fu forgiato dal nano Sindri, il quale oltre alla capacità di frantumare ogni cosa gli si fosse parata dinanzi diede al martello la capacità di resuscitare i defunti.
Con il Frantumatore al suo fianco, a bordo del suo carro trainato da capri - da qui deriva uno dei suoi epiteti, Öku-Þórr - Þor si rese protagonista di eroiche imprese quali la pesca del serpe Jörmungandr e la cattura dell’Ase Loki, padre di quest’ultimo.

Þūnraz è attestato come Donar in antico alto tedesco, Thūnor in antico basso tedesco (i.e. sassone) a volte riportato come Thunær nelle abrenuntiationes (i.e. voti di rinuncia al culto di divinità estranee al credo cristiano volti a confermare la piena conversione a quest’ultimo), Þūnor in anglosassone, Þórr/Þor in norreno ed infine come Thor negli scritti latini quali le ‘Gesta Darorum’ di Saxo Grammaticus.

Il culto del suddetto era presente anche fra le genti longobarde; per confermare ciò è sufficiente ragionare sull’origine del toponimo Capracotta, comune del molisano fondato per l’appunto dai Longobardi in età altomedievale.
Quest’ultimo richiama una delle ritualità in onore dell’Ase Þórr compiute dai Longobardi nell’atto di fondare una nuova città. La descrizione di quest’ultima ci è stata tramandata dai ‘Dialogi’ di Gregorio I detto Magno e dal ‘Martyrologium Romanum’ di Cesare Baronio Sorano; il rituale apotropaico prevedeva l’uccisione di una capra alla quale seguiva poi un banchetto rituale con le sue carni, chiaro riferimento all’episodio narrato da Snorri Sturluson che va sotto il nome di Gylfaginningin nel quale l’Ase sfama se stesso ed alcuni suoi compagni con i capri del suo carro e li resuscita il giorno seguente.

Nessun commento:

Posta un commento