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martedì 22 maggio 2018

Il vaso di Soissons, storia di un tradimento

Avvenne nell’anno 486 dell’era comune che Clodoveo, capoguerra francone, ottenesse una grande vittoria contro il Regno di Soissons, ultimo rimasuglio dell’ormai decaduto impero d’occidente.


Al termine di una dura battaglia e di una lunga campagna militare il signore della guerra raccolse una ingente quantità di beni ed arrivò il giorno, come da tradizioni immemori, della divisione del bottino.
Fra quanto destinato alla ripartizione vi era un vaso particolarmente prezioso, frutto della razzia di una chiesa avvenuta a seguito della vittoriosa campagna di cui sopra, un vaso sacro per i seguaci del Cristo Bianco.

Il vescovo di Reims, forte della considerazione che gli ecclesiastici godevano all’interno della corte francone (il veleno universalista, insieme al malefico influsso della civitas, aveva già intossicato parte della nobiltà di quel popolo un tempo sano e forte) ne chiese la restituzione al Re e quest’ultimo accettò, a patto che l'assemblea dei guerrieri, dove avveniva la distribuzione delle spoglie di guerra, glielo assegnasse. 


Venne quindi il giorno dell’assemblea e Clodoveo, contrariamente agli usi comuni al suo popolo, reclamò da subito per sé il vaso in questione, i presenti si dichiararono favorevoli alla richiesta dichiarando che nessuno poteva opporsi al suo volere, si nota quindi un deciso cambiamento nella tradizionale visione germanica che aveva sempre visto il Re (o lo Jarl, o il capo militare) come il primo fra i pari, una figura il cui potere si esercitava tramite la consultazione degli uomini liberi, e non come un autocrate la cui volontà e cui capricci dovevano essere rispettati a prescindere. 


Vi fu, pur tuttavia, un coraggioso, un uomo libero fra quelli presenti all’assemblea distrusse il vaso dichiarando che la cosa andava contro le leggi e le consuetudini sacre al popolo Franco e che Clodoveo, pur essendo il Re, aveva diritto solo alla parte di bottino che la sorte gli avrebbe assegnato, una cristallina dimostrazione di quel principio di uguaglianza fra guerrieri che aveva sempre caratterizzato la società germanica e indoeuropea antica.

Il sovrano, meschino e ormai legato a logiche e dottrine di dominio di stampo romanico, questo a riprova che l’adozione alla civitas è un sintomo di una più grande e totale perdita valoriale e spirituale, non dimenticò l’accaduto e alla prima occasione assassinò vilmente il prode soldato che aveva osato opporsi al suo volere ed ergersi a difesa della legge.
Dalla perdita dell’onore al tradimento dei veri Dèi a favore del Cristo bianco il passo fu breve, come ben sappiamo.
L’antica fede rimase forte, inizialmente, ma nel giro di poco più di un secolo iniziarono le persecuzioni e per più di un millennio in terra francone l’antica via sopravvisse fra boschi, fiumi e villaggi, lontano dalla società urbana e corrotta, appannaggio del Cristo bianco e dei suoi seguaci. 

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