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domenica 20 maggio 2018

Ungern Khan

“Non volendo raccontare la vita di un uomo simile come fanno i freddi accademici ma volendone invece tessere la leggenda questo articolo apparirà agli occhi del lettore squadernarsi nella sua essenza. Nel leggere immaginate intorno a voi petrose desolazioni e deserti di bianche nevi ché questo è la Mongolia di Roman von Ungern-Sternberg.”



Vedo infra le steppe mongole e lungo l’altopiano tutto marciare dei rossi draghi, sozzi corruttori del Dharma e vili servitori della rivoluzione.
Bodg Khan è convinto che in me si sia incarnato lo spirito di quel Mahakala Dharmapala che è emanazione di Avalokiteśvare e che si cinge di nero e che porta sul capo una corona di cinque teschi ed innumerevoli spoglie dei nemici uccisi.
I buriati ed i mongoli della mia Divisione Asiatica di cavalleria credono che io sia la reincarnazione di un tremendo dio della Guerra.
È quindi Destino che io sparga il rosso sangue di questi invasori sulle bianche nevi di Urga.
In quel giorno di nuovo venereremo gli astri roteanti delle notti arcane ed il pallido sole del chiaro giorno e bruceremo ancora grandi fuochi sulle alte colline. I bolscevichi osservandoli da lontano si chiederanno quale diavoleria avremo in serbo per loro. Alla loro guerra di rivoluzione noi opporremo un convincimento terribile, una guerra di religione.
Nella notte di quel Luglio in cui spezzarono lo Zar e la sua discendenza, nel Fuoco di un supremo sacrificio, crollò l’impero che mi crebbe. Seppur nel mio sangue, nel sangue dei miei ufficiali, dei miei cosacchi e dei buriati che mi seguono quel fuoco continui a risplendere, il sacrificio di coloro che sono morti per vivere in eterno già segna la condanna di questa umanità allucinata e corrotta dove ora - crollati gli Ideali e mutate le Bandiere - si vive soltanto per morire.
Non paghi di ciò gli adoratori della stella rossa spingono tuttora per la lotta di classe, foraggiati da quell’ignota maledizione che è flagello e piaga delle umane sorti. Sto preparando loro l’unica risposta possibile: la lotta di razza, il culto del Sangue. Non temo la forza dei rossi. Essa è nell’ordine spietato delle cose di questo mondo. No, io temo la nostra debolezza eretta a virtù.
Per questo, mentre tutto attorno il mondo avvizzisce avvolto nell’ombra che da Ovest cala sugli Urali, nelle menti e nello Spirito rifuggiremo sentimentalismi, pietà e carità. Non avremo timore dell’incedere tremendo dell’ultima Età ché noi ne siamo parte, ché noi lo seguiremo come stuolo di spettri alla stregua di come Morte rincorre Vita.
Come nella giovinezza i miei occhi sorrideranno di nuovo al freddo e splendente ferro, alle bocche di fuoco che rigurgitano piombo.
Mi crederete folle ma non me ne farò un cruccio; l’esser dai più chiamato ‘Barone Folle’ anzi mi rallegra. In un mondo capovolto come il nostro dalla Rivoluzione, le menzogne sono divenute verità e la saggezza derisione.
Per Trotzski, fermo nel suo sogno messianico, io sarei dunque un pazzo. Quale omaggio alla mia lucidità!
Quando l’universo crolla, tutto diviene possibile. Mille cavalieri possono ancora sollevare l’Asia.
È sufficiente un capo dal pugno di ferro.

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