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lunedì 21 maggio 2018

Sincretismo, ma quale?

Il tema del sincretismo è, mai come al giorno d’oggi, di stretta attualità per chiunque frequenti l’ambiente dei fedeli dell’antica via, molto è stato scritto e molto può essere detto su questo, invero molto interessante, tema.

Occorre, fin da subito, fare un piccolo chiarimento: il sincretismo è sempre esistito e sempre esisterà, almeno fino a quando gli Dèi vivranno ed il mondo con loro, e non ha mai rappresentato un problema a patto che questo non venga avvelenato dal malefico influsso dell’universalismo (che porta al monoteismo i cui frutti venefici sono, oggi come ieri, davanti agli occhi di tutti).

Senza la presunzione di detenere la verità assoluta, quella (la presunzione, ovviamente) la lascio agli adepti del ddd*, vorrei darvi la mia visione di questa questione assai spinosa.

Partiamo da un presupposto: ogni uomo sano, che davvero voglia dedicarsi al proprio destino, segue una via, una strada che porta al rapporto con gli Dèi.

I nostri antenati indoeuropei si rapportarono a svariate divinità, talune comuni a tutti, magari con appellativi differenti, altre invece tipiche, come culto, di un unico popolo. 

Lo stesso padre del tutto, Wodanaz che i longobardi chiamano Godan, viaggiò ovunque palesandosi con nomi differenti presso ogni popolo. 

Come approcciarsi, quindi, a divinità di tradizioni affini alla nostra? 

Il rispetto in questo caso è il primo, imprescindibile, passo. Non siamo monoteisti schiavi di un Dio geloso ma uomini liberi che servono, per scelta e vocazione, la causa divina e appunto per questo noi non insultiamo alcuna divinità.

Per quanto riguarda il culto la questione è più delicata e, in definitiva, assolutamente personale. 

La storia, che se è vero che nulla insegna agli uomini da poco e altrettanto vero che rappresenta, per coloro che vogliono imparata, la prima degli insegnanti, ci viene anche in questo caso in aiuto: molti grandi del passato, molti eroi della tradizione sacrificarono a divinità diverse, spesso appartenenti a tradizioni apparentemente differenti, ma non per questo sono degni di biasimo.

Rurik, grande conquistatore della Rus, si rivolse a divinità tipiche del suo popolo e a divinità del popolo, altrettanto sano e degno di lodi, degli Slavi, da lui conquistato, e lo stesso fecero a lungo i suoi discendenti.

Alessandro di Macedonia, detto Magno per la grandezza delle proprie imprese, sovrano di un regno ancora tribale che piegò le società urbane di Grecia, sacrificò a svariate divinità di svariate tradizioni, Egizie e Persiane ma anche orientali.

Roman von Ungern Sternberg, Khan di Mongolia e ultimo grande eroe tribale, sacrificò più volte a divinità orientali, ugriche e indiane (talvolta inquadrate in una visione buddista) nonostante egli fosse di sangue e tradizioni germaniche.

Per quanto il sottoscritto segua una via ben precisa e ritenga talune divinità più antiche di altre perché legate al nostro mondo, alla terra e alla nostra reale natura tribale, non per questo vorrebbe mai impedire il culto di altri Dèi purché questi culti non prendano una deriva monoteista, pericolosa per l’equilibrio di questa nostra terra di mezzo.

In definitiva, a parer mio e della storia, questo è quanto.

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