Articolo primo di una serie.
La città è morta, ammesso e non concesso che mai sia stata viva.
Questo araldo della modernità, agglomerato senz’anima, Fede e bellezza, segno distintivo della decadenza intima ed esteriore di ogni società ha fatto il suo tempo.
Ma cosa significa, a livello pragmatico e senza voli pindarici, “superare” la dimensione urbana?
Non è sufficiente, non più, la riscoperta delle campagne, occorre un lavoro più profondo che vada ad intaccare il viscido putridume che la società capitalistica e più di un millennio di monoteismo ha portato ad inzozzare anime e cuori della gente.
Bisogna quindi agire per gradi, con pazienza e tatto sapendo ben dosare provocazioni ed inviti all’azione.
Per fare questo è necessaria una non comune vicinanza di intenti fra personalità e gruppi di persone diverse, con spiritualità saldi e radicate, tutte con l’obbiettivo, di una società nuova, che sia antica, presente e futura ad un tempo, in grado di preservare quanto di buono vi era e quanto ancora deve venire.
Partiamo quindi, come è ovvio, dal principio: cos’è, nel secolo ventunesimo dell’era comune così come nel settimo o ne decimo, la ruralità?
La risposta, tutt’altro che semplice, può però essere condensata in un’unica parola: vita.
La società rurale è infatti autosufficiente, in grado di provvedere senza ingerenze esterne a ciò che più occorre allo svolgersi dell’esistenza.
Ruralità è quindi autonomia, opposizione locale al globale, eternità contrapposta alla vacuità, spirituale come terrena, della realtà urbana.
Ruralità è famiglia, clan e tribù, i tre cardini dell’organizzazione ancestrale, dei legami sacri.
Questi valori, incisi nella costituzione stessa di ogni popolo, sono quindi la base minima e necessaria di ogni società realmente sana.
Quale differenza, e quanto grande, con i valori della società consumistica, ultima materializzazione di un male antico quanto il mondo e teso a svuotare l’uomo di tutto ciò che è alto e sacro.
Una società che fa del vuoto, affettivo e spirituale, un valore non può del resto che opporsi alla pienezza della vita, in ogni sua forma.
Concludo qui questo mio primo scritto, salutandovi e augurandomi che abbiate apprezzato quando sopra affermato.
Appuntamento al prossimo articolo, sinceramente vostro
Tu parli al profondo...
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