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lunedì 28 maggio 2018

Gæð a wyrd swa hio scel

La civitas è notoriamente ingannatrice, fatta di blandizie, compromessi e illusioni più o meno pie. 

Mente su ogni cosa, in primo luogo sulla sua stessa natura, per sopravvivere infatti essa deve farsi credere eterna o, quasi. 


Queste menzogne, ben architettate e diffuse, servono a smorzare la naturale irrequietezza della nostra anima tribale.

I giovani vengono ammansiti, viene insegnato loro che la civitas non può cadere ed è quindi necessario obbedire alle sue leggi ed adattarsi in maniera comoda alla propria gabbia.


La storia però la pensa diversamente, per quanto possa essere manipolata essa rimane spietata e giusta come ogni cosa dovrebbe essere, ed è insegnante assai preziosa per chi la sa interpretare.

Essa insegna che gli imperi millenari, tutti, sono caduti e che ogni civiltà non è che un battito di ciglia, nota stonata nel perenne ripetersi dei cicli eterni. 

Roma è caduta, così come molte altre prima di lei, e le sue sovrastrutture smantellate dalle tribù. 

Ciò non avvenne ovunque, purtroppo, se infatti angli, longobardi, sassoni furono in grado di compiere questa impresa vi furono al contrario popoli che abbracciarono l’organizzazione romana dando nuova vita al suo corpo putrescente. 

Franconi, juti e visigoti vennero a patti con la struttura burocratica romana sacrificando ogni cosa in nome del “progresso”, feticcio mefitico di ogni tempo. 

Ciò avvenne a caro prezzo, rinnegando gli Dèi e, successivamente, la propria identità.

Resta però un fatto incontrovertibile, limpido come acqua di fonte: la civitas non è irreversibile.

Ed essa è più vulnerabile tanto più si è consapevoli del suo essere effimera. 


Gæð a wyrd swa hio scel, tornerà anche il nostro momento, quando il fato vorrà. 

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