Vi è un rapporto assai stretto fra libertà personale autonomie locali, e culto degli Dèi antichi; tutti coloro che si sono votati a divinità straniere o a fedi universalistiche hanno solo ottenuto, con il tempo, di servire potentati e sovrani stranieri.
Il cristianesimo, per fare un esempio a noi purtroppo assai vicino, è infatti una fede che ben si presta ad una politica di accentramento dei poteri a scapito di uomini liberi ed autonomie locali.
Lo stesso feudalesimo, spesso osannato da talune correnti tradizionaliste, altro non è che una versione fortemente romanizzata e cristianizzata dei Chiefdom di epoca precristiana, privata però di quelle che era le componenti cardine di questi: un forte ceto di contadini liberi, nessuna tassa e nessun contributo che andasse al di là del servizio militare in tempo di crisi, completa autonomia e leggi ed usi prettamente locali.
Una versione diluita quindi, espressione di quella ipocrisia tipicamente monoteista che vede l’uomo come mero strumento di un potere superiore, in cui le libertà tradizionali lasciano il posto ad una sudditanza reale, seppur, almeno inizialmente, più blanda che non nelle terre di competenza della corona.
Ma si trattava, ovviamente, di una mera illusione, una sorta di contentino teso a blandire e controllare l’aristocrazia guerriera che venne così presa alla cavezza neanche si trattasse di un cavallo imbizzarrito e ridotta, a poco a poco, ad una imbelle accozzaglia di amministratori locali, mantenuti, giocatori d’azzardo e sifilitici senza più un briciolo di sangue nelle vene.
Questo è stato il lascito del Cristo bianco e della suo culto su questa terra di mezzo, la devastazione, in poco più di un millennio e mezzo, di una istituzione, l’aristocrazia militare indoeuropea, plurimillenaria.
Solo con l’aiuto degli Dèi, di Godan, Donar, Nehalennia, Freyja e di tutti gli spiriti della nostra terra possiamo interrompere questa corsa verso il nulla, tornare al locale, a quanto è sacro, e ricostruire e preservare ciò che i nostri antenati ci hanno donato.
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