In questo articolo si cita espressamente un lupo mannaro sotto
inquisizione, la figura del lupo mannaro è tutt’altro che mitologica e
tutt’altro che inesistente.
Scartando l’enfasi e il sovrapporre sempre il “diavolo” in
questi processi (abbastanza forzato questo parallelismo, come ovvio che sia in
questo periodo), a tratti emerge ciò che caratterizza queste figure. La figura
del lupo mannaro non è recente (è molto antica, e tutti gli altri nomignoli
sono venuti dopo. Ma la sua essenza non cambia né geograficamente, né con il
passare del tempo) ed è tutt’altro che fantasy.
Sono tutt’altro che storielle
per spaventare i bambini. Il lupo mannaro nella sua figura rispettata e per le
sue prodezze metteva “paura” non solo ai bambini.
Non potrebbe essere altrimenti per un combattente che non
teme né la “morte”, né “l’inferno”, né “il diavolo”, né le “streghe” e per
comprenderlo nel profondo non si può limitare geograficamente. Si noti anche
come queste figure siano fortemente legate alla natura.
Quello contro il gasparutto e il moduco è il primo di una
lunga serie di processi contro benandanti (uomini e donne) che affermano di
combattere la notte con streghe e stregoni per ottenere la fertilità dei campi
e la prosperità dei raccolti. Questa credenza (di cui abbiamo accennato le
presumibili origini rituali) non ricorre, per quanto ci è noto, in alcuno degli
innumerevoli processi per stregoneria o superstizione svoltisi al di fuori del
friuli.
L'unica, straordinaria eccezione è data dal processo contro un lupo
mannaro lituano, svoltosi a Jurgensburg nel 1692 - più di un secolo, dunque,
dopo il processo contro il gasparutto ed il moduco, e all'altro capo d'europa.
L'accusato, Thiess, un vecchio più che ottantenne, confessa apertamente ai
giudici che l'interrogano di essere un lupo mannaro ("wahrwolff"). Ma
il suo racconto si discosta molto dall'immagine della licantropia diffusa nella
germania settentrionale e nei paesi baltici. Il vecchio dice di aver avuto in
passato il naso rotto da un contadino di Lemburg, Skeistan, morto ormai da
tempo.
Skeistan era uno stregone: e insieme con i compagni aveva
portato i germogli del grano nell'inferno, perché le messi non crescessero.
Accompagnato dagli altri lupi mannari, Thiess si era recato nell'inferno e
aveva lottato con Skeistan. Questi, armato di un manico di scopa (l'attributo
tradizionale delle streghe) avvolto in code di cavallo, aveva, in
quell'occasione, colpito al naso il vecchio. Non si era trattato di uno scontro
occasionale. Tre volte all'anno, nelle notti di santa lucia prima di natale, di
pentecoste e di san Giovanni, i licantropi si recano a piedi, in forma di lupi,
in un luogo situato «alla fine del mare»: l'inferno. Là essi lottano col
diavolo e con gli stregoni, battendoli con lunghe fruste di ferro, e
inseguendoli come cani. I lupi mannari - esclama Thiess - «non possono soffrire
il diavolo». I giudici, presumibilmente stupiti, chiedono spiegazioni. Se i
licantropi non possono soffrire il diavolo, perché si trasformano in lupi e
scendono nell'inferno? Perché, spiega il vecchio Thiess, in questo modo essi
possono riportare sulla terra ciò che gli stregoni hanno rubato - bestiame,
grano e altri frutti della terra. Se non lo facessero, si verificherebbe ciò
che era appunto avvenuto l'anno precedente: avendo tardato a scendere
nell'inferno, i lupi mannari avevano trovato le porte sbarrate e non erano
riusciti a riportare indietro il grano e i germogli sottratti dagli stregoni.
Per questo l'annata precedente era stata così cattiva.
Quell'anno invece le cose erano andate diversamente, e,
sempre grazie ai lupi mannari, il raccolto di orzo e di segala, nonché una
ricca pesca, erano assicurati. A questo punto i giudici chiedono dove vanno i
lupi mannari dopo morti.
Thiess risponde che essi sono sepolti come l'altra gente, ma
le loro anime vanno in cielo, quanto alle anime degli stregoni, il diavolo le
prende con sé. I giudici sono visibilmente sconcertati. Com'è possibile,
chiedono, che le anime dei lupi mannari ascendano a dio, se essi non servono
dio, bensì il diavolo? Il vecchio nega recisamente: i lupi mannari non servono
affatto il diavolo. Il diavolo è a tal punto loro nemico che essi, simili a
cani - perché i lupi mannari sono i cani di dio - lo inseguono, gli dànno la
caccia, lo sferzano con fruste di ferro.
Essi fanno tutto ciò per il bene degli uomini: senza la loro
opera il diavolo ruberebbe i frutti della terra e il mondo intero ne rimarrebbe
privo.
Non sono soltanto i lupi mannari lituani a combattere con il diavolo per
i raccolti: così fanno anche i lupi mannari tedeschi, che però non sono membri
della loro compagnia, e si recano in un loro inferno particolare; e lo stesso
fanno i lupi mannari russi, che in quell'anno e nell'anno precedente avevano
procurato alla loro terra un raccolto prospero e abbondante.
Allorché, infatti,
i lupi mannari sono riusciti a strappare al diavolo i germogli di grano rubati,
li gettano nell'aria perché cadano su tutta la terra, sui campi dei poveri e su
quelli dei ricchi. A questo punto, com'era prevedibile, i giudici cercano di
strappare a thiess l'ammissione di aver stretto un patto col diavolo.
Inutilmente il vecchio ripete, con monotona ostinazione, che lui e i suoi
compagni sono «cani di dio» e nemici del diavolo, che essi proteggono gli
uomini dai pericoli e garantiscono la prosperità dei raccolti.
Viene chiamato
il parroco, che lo redarguisce e cerca di fargli abbandonare gli errori e le
diaboliche menzogne con cui ha cercato di velare i propri peccati. Ma anche
questo tentativo è inutile. In uno scatto d'ira thiess grida al parroco che è
stufo di sentir parlare delle sue cattive opere: sono migliori di quelle del
parroco, e del resto lui, thiess, non sarà né il primo né l'ultimo a
commetterle. Così il vecchio persiste nelle sue convinzioni e rifiuta di
pentirsi; il primo ottobre 1692 è condannato a dieci colpi di frusta per le
superstizioni e le idolatrie commesse. Qui non si tratta, è chiaro, di analogie
più o meno vaghe, o della ripetizione di archetipi religiosi metastorici. Le
credenze del vecchio lupo mannaro Thiess sono sostanzialmente identiche a
quelle emerse nel processo dei due benandanti friulani.
La lotta a colpi di
bastone (perfino il particolare dei manici di scopa di cui sono armati gli
stregoni lituani richiama i rami di sorgo, o saggina, usati dagli stregoni del
Friuli) in determinate notti per ottenere la fertilità dei campi,
minuziosamente, concretamente specificata – cosicché in Friuli si lotterà per
le viti, in Lituania per l'orzo e la segala; infine, il combattimento per la
fertilità inteso come opera non solo tollerata ma protetta da dio, che
addirittura garantisce il paradiso alle anime di coloro che vi partecipano,
tutto ciò non consente dubbi. E' evidente che ci troviamo di fronte a un unico
culto agrario, che, a giudicare da queste sopravvivenze così lontane tra loro -
la Lituania, il Friuli - dovette essere diffuso anticamente in un'area ben più
vasta, forse nell'intera Europa centrale. Queste sopravvivenze, d'altra parte.
Possono spiegarsi o con la posizione marginale del Friuli e della Lituania
rispetto al centro di diffusione di queste credenze, oppure con un influsso, in
entrambi i casi, di miti e tradizioni slave. Il fatto che, come vedremo, in
zona germanica si abbiano tracce molto sbiadite del mito dei combattimenti
notturni per la fertilità, farebbe propendere per la seconda ipotesi. Ma
soltanto ricerche approfondite potranno risolvere questo problema. Ma non sono
soltanto le credenze del vecchio Thiess a richiamare quelle dei benandanti
friulani. Anche la reazione dei giudici di Jurgensburg ricalca fin nei
particolari quella degli inquisitori di udine: entrambi rifiutano con stupore e
indignazione il vanto paradossale dei benandanti, di essere paladini della
«fede de christo», e dei lupi mannari, di essere «cani di Dio».
Entrambi cercano di identificare i benandanti e i lupi
mannari con gli stregoni seguaci e adoratoti del diavolo. Questo riemergere di
credenze verosimilmente molto più antiche si spiega, con ogni probabilità, con
il fatto che alla fine del '600 i giudici lituani avevano cessato di servirsi
della tortura e perfino delle domande suggestive nei confronti degli imputati.
Che questa immagine positiva dei lupi mannari fosse ben più antica della fine
del '600
(NDR: positiva non vuol dire che regalavano mazzi di fiori e baci e
abbracci, era un positivo necessario), è provato anzitutto dalla veneranda età
di Thiess:
Verosimilmente egli aveva dovuto apprendere queste credenze
nella sua, ormai remota, infanzia - il che ci porta già agli inizi del '600.
Ma
c'è un indizio ancora più probante. A metà del '500 il Peucer, dilungandosi sui
licantropi e sulle loro straordinarie prodezze, inserì nel suo
"Commentarius de praecipuis generibus divinationum" un aneddoto su un
giovane di riga, che, nel corso di un convito, era caduto improvvisamente
supino sul pavimento.
Uno dei presenti riconobbe immediatamente in lui un lupo
mannaro.
Il giorno seguente il giovane raccontò di aver combattuto con una
strega che si aggirava in forma di farfalla infuocata: i lupi mannari, infatti
(commenta il peucer) si vantano di tener lontane le streghe. Si tratta, dunque,
di una credenza antica: ma, come in friuli per i benandanti, i tratti
originariamente positivi dei lupi mannari dovettero a poco a poco, sotto la
pressione esercitata dai giudici, scomparire o snaturarsi nell'immagine orrenda
dell'uomo-lupo devastatore di armenti. In ogni modo, sulla base di questo
sorprendente parallelo lituano, è lecito affermare l'esistenza di una connessione,
non analogica ma reale, tra benandanti e sciamani.
Le estasi, i viaggi nell'al
di là a cavallo di animali o in forma di animali (lupi, o, come vedremo in
friuli, farfalle o topi) per recuperare i germogli del grano o comunque per
assicurare la fertilità dei campi: questi elementi, a cui si aggiungono, come
vedremo subito, la partecipazione alle processioni dei morti, che procura ai
benandanti virtù profetiche e visionarie, si compongono in un quadro coerente,
che richiama immediatamente i culti degli sciamani. Ma rintracciare i fili che
legano queste credenze al mondo baltico o slavo esorbita evidentemente dai
confini di questa ricerca. Torniamo, quindi, al friuli.
“Carlo Ginzburg - I BENANDANTI - Stregoneria e culti agrari
tra Cinquecento e Seicento”
-Orlando-
Post dal gruppo facebook:
Yggdrasill - Rune, Sciamanesimo, Esoterismo, Mitologia & folklore
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