Una pioggia fitta batte contro il tetto di cannicci dell’aula, un uomo solo, ancora sveglio, fissa le braci del fuoco morente.
Vi si rivede, l’anziano patriarca, un tempo possente, ammirato in battaglia e nel thing, canta ora le gesta di coloro che gli sono succeduti.
La mano, ancora forte, incide una runa su una costola di lupo
“Manwaz”
Pronuncia lentamente, in tono musicale, cantilenante
“Manwaz”
Pietra contro osso
“Manwaz”
Fuliggine e miele fanno risaltare
“Manwaz”
La lama sfugge, un nuovo taglio su antiche cicatrici
“Manwaz”
Un grigio viandante varca la porta, percorre la sala, estraneo e familiare, terribile e fonte di delizia
Giunge il tempo, l’uomo caro lascia i propri congiunti, la costola cade, capovolta
Destino di ognuno, su questa terra di mezzo
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