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domenica 24 giugno 2018

Idromele: la bevanda degli Dèi, parte III

Bevande fermentate insalivate

La saliva è associata alla storia delle birre e delle altre bevande alcoliche fermentate poiché, come già evidenziato, coinvolta in una primitiva fase della etnofermentologia, dove un po’ in tutto il mondo si scoprì come preparare bevande inebrianti alcoliche da materiale vegetale pre-masticato; fu una scoperta dei periodi neolitici o forse epi-paleolitici dell’umanità. La gradazione alcolica variava e varia tutt’ora fra i 2 e i 7-8 gradi alcolici.
Riferimenti a usi, tradizioni e culti associati alle bevande fermentate insalivate sono presenti presso diverse popolazioni antiche del globo, in particolare quelle indoeuropee, come testimonianza della diffusione di questa arcaica tecnica per ottenere l’ebbrezza; del resto, per spiegare l’universalità di questa primitiva fase dell’etnofermentologia non è necessario elaborare intricate ipotesi diffusioniste, essendo assai probabile un caso di convergenza culturale, ritenendo possibile che questa scoperta sia originata in maniera indipendente in differenti luoghi.

Presso le popolazioni slave nord-europee era diffusa un’antica tradizione che riteneva che la birra, per poter fermentare, dovesse avere come ingrediente la “spuma dell’orso”, cioè la bava o saliva di questo animale, tanto reale quanto mitologicizzata da quelle popolazioni. Non è casuale la relazione etimologica esistente fra i termini tedeschi Bier (i.e. birra) e Bär (i.e. orso), così come l’impiego del medesimo nome nordico antico bjorr per indicare entrambi la birra e l’orso.
Nel poema epico finlandese Kalevala (XX, 300-310) v’è un interessante riferimento alla preparazione della birra alla quale si aggiungeva saliva “delle orribili fauci dell’orso”.
Nell’Edda (Snorri, 4), poema islandese del XIII secolo, viene descritta la pace fra gli Asi e i Vani, due gruppi di dei da tempo in guerra fra loro; per sigillare la pace appena fatta, gli dei di entrambe le schiere sputano nel medesimo recipiente e da questo ammasso salivare creano un uomo di nome Kvasir dotato di saggezza straordinaria.
Questa figura mitologica appartiene al ciclo indoeuropeo dell’Uomo-Bevanda inebriante, di cui il Soma e l’Haoma sono le manifestazioni più note (Dumezil, 1974: 44-6). Il nome Kvasir è strettamente associato al kvas degli Slavi e dei Russi e al kvase norvegese e danese (Isnardi, 1991: 107), che sono nomi indicanti bevande fermentate alcoliche di tipo insalivate, per lo meno nelle fasi primitive della loro preparazione.
Il fatto che Kvasir sia dotato di grande saggezza è dovuto alla sua nascita dalla saliva degli dei; si potrà arguire che le salive divine portano saggezza proprio per la loro natura divina, ma presso diverse culture antiche e attuali sono presenti riferimenti alla saliva, anche umana o animale, come portatrice di saggezza.
In alcune fiabe macedoni un serpente, per ringraziare un uomo che lo ha salvato, gli sputa in bocca e in tal modo l’uomo acquisisce e comprende il linguaggio degli animali o, in un altro racconto, acquisisce virtù profetiche (Eschker, 1998: 141, 206).
Si presentano anche alcuni casi, a mo’ di eccezioni che confermano la regola, in cui la saliva o lo sputo assumono valenza opposta, cioè come detrattori di saggezza. In alcune versioni del mito greco di Glauco, il medico-indovino Polyidos, dopo aver insegnato a Glauco l’arte della mantica e volendo che la sua mente se la dimenticasse, gli sputò in bocca (Paladino, 1978).

Oltre al diffuso valore terapeutico della saliva, esistono casi etnografici, tuttora carenti di studi specifici, in cui la saliva possiede un valore simbolico e rituale come elemento portatore di saggezza. Fra i Chibcha colombiani la saliva dello sciamano (i.e. cacique) è considerata sacra e svolge un ruolo cerimoniale importante nella preparazione rituale della chicha. E’ noto anche che presso diverse tribù del nordest brasiliano la saliva assume valori terapeutici seguendo un’articolata differenziazione fra saliva ottenuta in seguito a prolungato digiuno (“sputo vergine”), saliva del fumatore di pipa di tabacco, saliva del masticatore di foglie di tabacco, ecc. (Gonçalves da Lima, 1990: 332).
Verificata la presenza della saliva come importante elemento nella primitiva fase dell’etnofermentologia, è possibile che il suo valore simbolico come portatrice di saggezza origini dal concetto che la saliva – umana, animale o divina che sia – è responsabile della produzione di bevande inebrianti – queste ultime universalmente arrecanti saggezza oltre che allegria – seguendo quindi il sillogismo 'saliva = ebbrezza = saggezza' (Samorini, 2016).

Fonti:
- Bevande fermentate insalivate (Samorini)
http://samorini.it/…/americhe/bevande-fermentate-insalivate/

Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz

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